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Sui muri di Sardagna non solo i murales

Sono comparse una mattina di fine settembre su alcuni muri (ma anche sui marciapiedi) del nostro paese delle scritte poco gentili o a dir poco aggressive: fra i graffiti trovati riportiamo opere di alta letteratura contemporanea come “Stronzi” (davanti a la casa dei Pelosi e sotto al portec del Mario Sarcio) , “Paese di merda” (davanti alla casa del maestro Anselmo) e “Swag” (sul mur del vecio Poggiolino). Abbiamo fatto una piccola ricerca sul significato di quest’ultimo termine perchè avevamo bisogno di dissipare ogni dubbio ed ecco qui quello che abbiamo trovato: per chi non lo sapesse la parola SWAG, tradotta in italiano come “bottino” o “refurtiva“, nel linguaggio giovanile può essere interpretato come “figo”, identificando quindi una persona, un capo di abbigliamento o, in generale, un oggetto che ha stile. Lo swag non è legato solo al modo di vestirsi o agli accessori scelti, ma vuole sottolineare anche il comportamento e l’attitudine della persona: la parola d’ordine è ostentare il proprio stile, osare ed essere fuori dal comune (beh, diciamocelo, scrivere sui muri di case d’altri non è secondo voi osare?). Immaginiamo facilmente quello che passerà per la testa del sardagnolo medio: “S’ela sta roba?” , “Chi saralo stà!?”, ma soprattutto “Sarai da Sardagna? O i è stadi furesti da Trent a far su sto scempio?”. Mentre noi tutti ci arrovelliamo con queste domande che probabilmente non avranno mai risposta, c‘è già chi ha provveduto a cancellare i graffiti incriminati per ridonare decoro al paese in vista dell’imminente festa della castagna. Non possiamo certo trovare un senso definitivo a queste opere, qualcuno direbbe che sono sintomo di un disagio sociale, altri semplicemente bravate giovanili, ciò che accomuna queste due visioni comunque è la noia, o come si suol dire “el bon temp”. Sicuramente i sardagnoli non se ne dimenticheranno ma a farlo saranno soprattutto i turisti, che saliti in paese con la nostra amata funivia, potranno ammirare i bellissimi “Murales di Sardagna” .


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