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Ritorno al futuro

Non mi posso definire giovane e nemmeno vecchio, ma GIOCARE finora è sempre stata un’attività che non ho mai voluto mettere da parte. Non è mai servito molto, l’importante è la voglia di divertirsi e di stare insieme. Ricordo i miei giochi da bambino, quando con quattro SOLDATINI e un mucchio di ghiaia vivevo avventure 3d con gli effetti speciali piu incredibili, quelli nella mia immaginazione. CASE SUGLI ALBERI nei boschi, SLITTINI e ancora il NINTENDO dall’Aneta la domenica, il SEGA la PLAY, ... e li mi son fermato più o meno, poi sono diventato troppo grande per tenermi aggiornato. Mi sono divertito con poco un tempo e ogni tanto capisco chi non ha vissuto il passaggio fra computer e videogames, chi giocava prima e chi dopo l’era delle console. Da piccolo sempre mi sono ispirato ai racconti dei “zughi de na volta”, arditi, avventurosi: esplorazioni nelle "giungla" verso le cascate sopra Sardagna, BASI SEGRETE, i CARRETTI A SFERE che ci portavano avanti come precursori del drift, sempre di traverso nell’uscita dalle curve. Si ho fatto tante cose senza uno schermo, rimpiango di non aver mai fatto una battaglia seria a PIVE. Una di quelle di cui molti mi hanno raccontato con nello sguardo un’incredibile emozione, quella di una battaglia epocale. Rambo aveva le munizioni a tracolla, loro le avevano alla cintura, un mazzetto di ritagli di carta di giornale per confezionare al volo la piva conoidale. Non ho mai avuto l'occasione di vedere una di queste battaglie ma immagino i sottoportici del paese e le vie, sagome di bambini che appaiono e scompaiono, qualcuno corre da una parte all’altra, grida d’allarme. Saprei anch’io dove attendere il momento giusto e se ce ne fosse l’occasione … carica! Ma non ci è mai riuscito di ritrovarsi piu' di quattro abili nel confezionare le pive e perciò idonei al gioco. Sicuramente un gioco ben riuscito della mia infanzia è stato NASCONDINO, gioco fantastico, non ricordo in quali sere ci si incontrava, mio padre mi diceva che loro da bambini si fermavano dopo il rosario le sere di maggio. Venivano concordati i confini e poi via all’oscuro di qualche angolo. Penso sia stato quel gioco giovanile a darmi gli strumenti per una attività che mio malgrado continuo a esercitare nel tempo, sempre di natura ludica o almeno lo è per me, nascondersi per far spaventi.Ora vedo solo i piu' piccoli nascondersi, si cresce prima. I bambini ricevono molte piu' informazioni ed è forse per questo che si trasformano velocemente in piccoli adulti. Così molti di noi sognano vedendo i nuovi CAREDEI che girano il paese: tricicli metallici dal sellino basso, ruote posteriori ricoperte di materiale plastico per scivolare e scendere derapando. Ci sono ancora avventurieri! Alla buona ma al passo con i tempi! Forse, hanno giocato tanto con i videogames ma dalle vie del paese anche loro hanno sentito storie leggendarie che li hanno spinti di nuovo per strada assieme, senza nessun schermo a separarli. L’unione fa la forza, o in questo caso è meglio dire che amplifica il divertimento. Le emozioni condivise sono i ricordi piu’ forti. Così se ripenso alle giornate da bambino sorrido ricordando le avventure e disavventure in compagnia degli amici, mentre non riesco a ricordare il giorno in cui ho finito Super Mario Bros all‘oratorio. Ricordo anche qualcuno che saltando giu’ dalle porte del campo atterrò in mutande lasciando i pantaloni sventolare come una bandiera all‘incrocio dei pali. I tempi sono cambiati. E' una cosa che ogni generazione ripete ed è legata probabilmente all’incertezza verso il futuro comparata a un immutabile passato. Non disdegno la modernità, gioco a giochini online che ai piu' risultano incomprensibili, ma ricordo il valore dello stare insieme e mi preoccupo quando a volte mi rendo conto che è forse proprio quello che è andato perduto nel gioco. Non è il videogame ma il videogame come amico, non è il computer ma il computer come presentazione di se stessi. Oggetti che già ci forniscono realtà alterate. Credo sia questo il pericolo a cui sono esposte le nuove generazioni: troppe cose già filtrate da altri, troppo poche cose da filtrare con la PROPRIA immaginazione.


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